testata angelo darrigo

 

 

banner le parole che ci ha lasciato

  • Molti mi chiedono che cosa mi spinga ad andare sempre oltre. Non è agonismo: con le sfide ho smesso da anni. Non è nemmeno il bisogno di misurarmi con i miei limiti, come a volte ho creduto.
    No, è qualcosa di più semplice e intimo: l'istinto di esistere nella natura a modo mio. Un istinto che mi tiene sveglio la notte, che mi illumina e mi entusiasma.
    Non seguirlo sarebbe tradire me stesso. Se riesco a sentirmi pienamente vivo soltanto immerso in spazi sconfinati, libero nell'aria sopra deserti o ghiacciai, vulcani o pianure, fiumi, mari, montagne, non è per qualcosa che cerco, ma per quello che sono.

  • Per quale misteriosa ragione un agonista di volo libero e a motore, un atleta che aveva vinto gare e battuto record in giro per il mondo si era dedicato alla crescita di un rapace? La Risposta è semplice. Il volo è la mia passione. Ne ho fatto una carriera professionale, ma è prima di tutto lo scopo della mia esistenza.

  • L'ampiezza degli spazi aerei, la libertà di non seguire un percorso stabilito da una strada; e i tuffi in picchiata nel vuoto con le ali dispiegate a reggere il peso, le accelerazioni gravitazionali nelle virate, la terza dimensione ... In me, tutto tende all'aria. Finché i miei piedi toccano terra fremo dal desiderio di librarmi. E' come una febbre. Perché volare è uno sguardo alternativo sulla realtà che schiude la fantasia ...

  • Chi sa davvero suonare il pianoforte può farlo ad occhi chiusi; la musica non è nelle mani, ma nella mente, nei sensi, nell'istinto. Volare “a occhi chiusi”, senza riferimenti tecnologici, era per me passare dal volo matematico al volo istintivo. Dopo la fase delle competizioni ero passato a una fase di transizione, dedicata alla ricerca del record, dal confronto agonistico al superamento del limite. ... avevo capito che bisogna prima superare se stessi. La misura universale è anche misura personale. Così, spostando il mio interesse dal cronometro all'interiorità, cominciai a vivere pienamente la realtà filosofica del volo.

  • Sono qui, immerso con la mia ala tecnologica in una poderosa corrente ascensionale che mi porterà con sé in volo libero, come un uccello veleggiatore, sopra il tetto del mondo. In tanti mi hanno detto: è impossibile. Non conoscevano la “teoria del calabrone”. Il suo volo è tuttora un mistero di cui si è occupata anche la NASA. Dall'analisi di peso e forma del corpo in rapporto alla superficie e al profilo alari risulta semplicemente “no fly”: secondo le leggi dell'aerodinamica è impossibile che il calabrone stia sospeso in aria. Eppure ci sta. Qualcuno ha trovato una risposta. Tutto dice che il calabrone non potrebbe volare. Ma lui ci riesce perché non lo sa.

  • Credo che la principale facoltà dell'essere umano sia quella di fare uso della propria intelligenza e fantasia; il connubio di questi due parametri fondamentali crea un'alchimia particolarmente fantastica, che può annullare il peso della terra come anche la leggerezza dell'aria. Questo significa che in realtà siamo noi gli artisti e gli artefici del nostro quotidiano e del nostro vissuto.

  • Il germe della rinuncia non si dà mai facilmente per vinto. Come si combatte l'impulso a desistere? Con la determinazione. Un'atleta che si imbatte in un'avventura non scevra di rischi ha messo a fuoco l'obiettivo nel mirino già molto prima di partire. E' quella la motivazione che lo sostiene e che gli permette di andare avanti: il taglio del traguardo. Andare avanti, da guerriero, nonostante tutto. Anche quando ogni cosa sembra congiurare contro di te. Anche quando gli elementi, la tecnologia, l'universo intero sembrano essersi coalizzati per farti fallire. Per quanto mi riguarda è proprio in questi momenti che vengono fuori le energie migliori, quando sento che sta diventando difficile e che devo, più che mai, essere presente a me stesso, pronto a una decisione dell'ultimo istante.

  • Con gli anni ho imparato che un percorso è fatto di tante piccole tappe intermedie, più a portata di mano, prima della destinazione ultima. E' un approccio che mi deriva dalla mia esperienza dell'arrampicata sportiva. Quando sei ancora in basso, arrampicato a una parete, ti sembra quasi impossibile arrivare in cima. Ma se intanto avanzi di un metro, dopo ti porrai il problema del successivo, e così via. Guardando soltanto a quello, mai alla cima lontana. Procedendo a piccoli passi, come in un labirinto, dove ogni svolta è fondamentale per trovare l'uscita.

  • Mi piacerebbe riuscire a far passare diffusamente un messaggio di grande rispetto per l'ambiente. …spesso l'uomo si sente padrone dell'ambiente, padrone dell'area che lo circonda. E questa è la peggiore conseguenza del fatto che le grandi Potenze hanno indotto il singolo a sentirsi proprietario dell'area in cui abita e respira. Voglio, ciò nonostante, sperare che nel futuro mio, dei miei figli, di tutti, questo modo di pensare possa essere ribaltato, e che le grandi Potenze possano anch'esse sentirsi ospiti di un ambiente magnifico, in un nuovo contesto nel quale poter vivere meglio domani e in cui l'ospite rispetta prima di tutto chi lo sta ospitando. Noi ospiti della terra dovremmo imparare a rispettare la nostra terra.

  • Lo scambio culturale è uno degli aspetti che mi rimangono più cari dei miei viaggi in giro per il mondo. La comunicazione non è necessariamente un fatto verbale, quanto un voler dire all'altro qualche cosa. Se con gli abitanti di Tozeur potevo parlare in francese, con i Tuareg potevo ricorrere ai gesti o ai disegni tracciati sulla sabbia, e a molti, molti sorrisi; eppure riuscivo a farmi intendere perfettamente. Mi sorprendevo in discussioni impegnative che a volte mi risulta difficile avere con persone della mia stessa lingua.

  • Come nel Sahara, e in tutti i paesi veramente poveri, quando sei ospite, sei un ospite d'onore e ti viene offerto il meglio possibile. Da allora, l'evento scientifico-sportivo che stavo vivendo divenne un'avventura umana di grande intensità. E, per me,non esiste avventura degna di essere vissuta che non sia prima di tutto uno scambio tra culture, reciproca conoscenza, arricchimento interiore.

  • Credo che l'uomo, a causa di interessi commerciali, di obiettivi bellici, sia andato troppo veloce nella ricerca del volo… Invece, a me piace pensare che manchi una importante cartella in tutto ciò, quella legata al mondo della natura. Questo file l'uomo l'ha chiuso troppo in fretta, prima ancora di avere indagato a sufficienza; è passato subito alla conclusione per avanzare, arrivare più fresco e prima del nemico o dell'antagonista commerciale, ecc. Ebbene, in questi anni, la Nasa, cioè il più grande ente mondiale di analisi sull'aerodinamica, sui profili alari e su tutto ciò che concerne il volo, è giunta ad una certezza: l'uomo può volare a mach 2, mach 3, due, tre volte e anche più della velocità del suono. Eppure non riesce a volare come volano le aquile, i falchi, Cioè non riesce a fermarsi per aria. Un velivolo dell'uomo non riesce oggi a fermarsi per aria, se non facendo uso di attrezzature altamente sofisticate, motori che spingono dal basso verso l'alto, ecc. Un velivolo non riesce a fare quello che fa nel semplice volo un'aquila: fermarsi per aria, osservare e poi eseguire lo spostamento secondo gli obiettivi prescelti. Quindi, non à vero che oggi l'uomo ha completato la sua ricerca sul volo: manca un pezzo. Io sto cercando di fare quello che senz'altro avrebbe tentato Leonardo da Vinci oppure Otto Lilienthal: riuscire a capire di più in merito alle basse velocità, riuscire a rendere il volo più umano, più istintivo, più animale, meno meccanico. Per questo sto cercando di ripercorrere il volo come se io stesso fossi un'aquila, addirittura il papà di un'aquila; sto tentando di entrare nel loro meccanismo di pensiero per fare più o meno quello che loro riescono a fare. Questa è la metamorfosi, come indica il nome stesso del progetto. Trasformazione. Ed evoluzione perché trasformarsi significa evolvere, far uso di quanto sapevo prima per riuscire ad aggiungere cose nuove e, grazie a queste novità, progredire.

  • Il silenzio è una grande stanza, nella quale entro quando voglio e come voglio; grazie all'energia che recupero in questa stanza riesco a focalizzare delle cose nel modo migliore. Il silenzio contribuisce e mi aiuta a focalizzare con maggior precisione quelli che sono i miei obiettivi. Sono un amante della musica, da quella classica a quella moderna, passando dal rock, al jazz, al blues. Amo tutta la musica fondamentalmente, purché rispetti l'armonia, eppure quando devo pensare o scrivere qualcosa, ebbene ho bisogno di isolarmi da tutto quello che può essere suono esterno, quindi anche dalla musica. E questo mi fa pensare che il silenzio sia un ingrediente di creatività che ti permette di esprimerti con la massima interiorità possibile. Mi piace pensare il silenzio come la grande stanza del creativo, che ognuno di noi contiene in se, e a cui ognuno, quando vuole e come vuole, può attingere.

  • Nei miei viaggi attraverso il mondo, i deserti, gli oceani, i mari, le montagne, ho avuto sempre momenti estremamente lunghi di solitudine. E la solitudine è il miglior modo per ritrovare se stessi. Sono le situazioni ovattate a consentirti di far emergere quella parte di te che altrimenti sarebbe repressa o comunque … Sconosciuta.

  • A contatto con la sofferenza fisica o psicologica, rimetti talmente in questione te stesso e i tuoi valori che, forse, la persona che sei all'uscita, se ne esci, non è più quella che è entrata. Nulla avviene per caso. Ogni episodio ha avuto un senso; ... Dopo l'incidente di gara di alcuni anni prima, la mia disavventura libica mi ha spinto a mettere a fuoco ciò che volevo davvero. E mi ha insegnato a non disperare mai, una lezione che mi è stata poi di grande aiuto in molte circostanze, nelle solitudini della tundra siberiana come durante la lunga marcia verso l'Everest.